giovedì 6 luglio 2017

Tre facce, una stessa medaglia!


Sono tre i fatti di questi giorni che mi producono fastidio gastrico con aumento dei disturbi da reflusso e forse anche rigetto. Dietro ai fatti, altrettante persone: Gianluigi Donnarumma, Domenico Diele, Diego Maradona.


Il portiere del Milan, novello figliol prodigo, andato via, attratto da offerte più convenienti e poi, con qualche milione di euro in più, tornato alla squadra del cuore che, dice, non ha mai smesso di amare. Come non credergli. Ma non è questo che mi rode. Il giovane portiere quest'anno avrebbe dovuto sostenere come tutti i suoi coetanei, gli esami di Stato e conseguire il diploma. I suoi agenti, procuratori, dirigenti, si erano premurati di concordare con la commissione esaminatrice un calendario "comodo", compatibile con gli impegni dello sportivo. La commissione, concedendo la condizione di favore, ha predisposto lo slittamento delle date alle quali si sono dovuti adeguare anche tutti gli altri studenti "non campioni". Fino a qui, direte, eh vabbè, ci può stare. Non condivido, non mi adeguo, ma capisco. A questo punto, però, arriva la fatidica data dell'esame e il portierone, cosa fa? Saluta tutti e va in vacanza ad Ibiza con la fidanzata, lasciando basita la commissione che avrebbe dovuto esaminarlo. Ovviamente sono molte le considerazioni possibili e molte le abbiamo lette sui quotidiani e i social. Io, però, non voglio dire adesso cosa penso. Mi riservo di farlo al termine di questo mio scritto, perché credo che le tre storie abbiano una "morale" (si può usare questa parola?) comune.


Passiamo al giovane e prestante attore Domenico Diele. Come ricorderete, solo pochi giorni fa, era stato arrestato perché alla guida della sua auto aveva investito una signora in scooter, deceduta a causa dell'incidente. Diele, a quanto pare, era alla guida nonostante avesse assunto sostanze stupefacenti e alcol. Nelle prime ore dopo l'arresto, il giovane idolo di molte ragazze, pare abbia manifestato disappunto per la carcerazione in quanto gli avrebbe impedito di continuare le riprese del suo ultimo film. Addirittura pare che abbia chiesto di essere autorizzato a tornare sul set. Anche qui, nessun commento. Oggi, comunque, per lui è arrivata la concessione dei domiciliari con braccialetto elettronico.

E veniamo al Pibe de oro. Il sindaco di Napoli, De Magistris, ha deciso di concedergli la cittadinanza onoraria. Libero di farlo. La cittadinanza onoraria si concede, in genere, a persone che si sono distinte nel corso della loro vita nel campo dell'arte, dello sport, della scienza, dell'impegno civile, ecc., che abbiano dimostrato grande attaccamento alla città promotrice dell'iniziativa. Fin qui, nulla da dire. Maradona ha dato lustro a Napoli grazie al suo indubbio talento ed è molto legato alla città. C'è però un altro elemento che vale quanto gli altri, e a mio avviso, anche di più: l'onore, la testimonianza di vita che una persona ha dato alla collettività. Quello, cioè, che fa di un uomo, al di là dei suoi talenti, una persona speciale, un esempio virtuoso per la comunità, appunto, un cittadino onorario di una città. Senza entrare nella sfera privata che lascio al gossip, e senza commenti, riporto solo alcuni fatti. Maradona è stato condannato per  avere sparato con una carabina ai giornalisti. E' stato accusato di violenza sulle donne. E' noto come abbia condotto la sua vita in bilico tra dipendenze e prepotenze. Ha avuto un contenzioso con il fisco, credo ancora in corso, per milioni di euro evasi.

Ecco le mie domande e le mie considerazioni.
Molte sono ovvie, altre forse meno. I protagonisti delle tre storie sono tutti, in una maniera o nell'altra, famosi. La loro fama proviene indubbiamente dalle abilità che hanno dimostrato di avere nelle loro attività. Ecco un primo punto: la fama, il successo.
Riconoscere attenzione sociale a chi fa bene il proprio lavoro, a chi eccelle, è giusto. Ma questo riconoscimento vale per tutti? Se un falegname è bravo e onesto, lo è per la comunità in cui vive. Se un bracciante sa fare bene il proprio lavoro o se un contadino eccelle nel suo campo (questa mi piace), farà del bene alla propria famiglia e alle persone che con lui si relazionano. Magari mangeremo prodotti buoni e potremo acquistarli a un prezzo onesto. Ovviamente nessuno di loro avrà fama o notorietà nazionale o internazionale. Essere calciatori o attori porta ad essere esposti mediaticamente e per questo, quando si è bravi, si diventa molto noti. Ma la notorietà dà maggiori diritti e consente di derogare alle regole e alle leggi? Senza tanto riflettere, appare in tutta la sua evidenza la stella polare del nostro sistema sociale: fama, successo, potere, denaro. Sono tutte chiavi che consentono di aprire porte, anche quelle invalicabili, chiuse a più. Esiste quindi un'ingiustizia sociale che privilegia chi ha fama e potere? E chi non li ha? Anche qui, la risposta è ovvia, visto che sembra essersi insinuato, da tempo, nelle nostre vite, un virus, quello della ricerca spasmodica del successo, della notorietà, del facile arricchimento. Un sistema così disarticolato rende inefficace l'insieme delle regole che la società, lo Stato, la comunità, si sono dati. Concedere benefici può servire solo se questo avviene in un sistema giusto, equo. Le attenzioni le meritano tutti, così come le opportunità, senza arrampicarsi sulla scala della notorietà, delle possibilità economiche, del potere. Il rispetto delle regole civili di convivenza, delle regole democratiche, che la comunità si è data, è un valore. Quindi vi chiedo: Non pensate che questo sistema sociale sia profondamente sbagliato, ingiusto, drogato? Possiamo criticare i giovani, rei di essere privi di valori, quando istituzionalizziamo, autorizzandoli, comportamenti che mettono in posizione di vantaggio la fama, il successo, il denaro, a scapito del merito e del rispetto delle più elementari regole di convivenza civile?
C'è bisogno, si, di valori sociali comuni e condivisi. Non è necessario prendano la forma di una scala. Piuttosto mi piace pensare che somiglino a un prato, dove anche l'ultimo filo d'erba può avere la possibilità, il diritto e la voglia, di crescere rigoglioso.

(f.b. Luglio 2017)

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