martedì 11 marzo 2014

Rappresentanza, rappresentati, rappresentanti


Foto di Gianni Berengo Gardin
Sono sempre stato convinto della necessità democratica di trovare nella società forme adeguate di rappresentanza. Ne ho sperimentato a tutti i livelli le svariate forme: partito politico, sindacato, amministrazione, associazione, gruppo. Ho apprezzato il piacere della condivisione delle idee, dei metodi, delle speranze e dei sogni. Ho apprezzato meno le dinamiche di protagonismo, imposizione, scarsa democrazia che a volte governano il rapporto tra rappresentanti e rappresentati.
Da qualche tempo le mie convinzioni e le poche certezze vacillano. In tutte le situazioni sociali nelle quali è richiesta l'apertura di un rapporto di delega, sia che si tratti di partiti politici, di associazioni di categoria o di altre consorterie, noto con tristezza e disappunto il radicarsi di comportamenti da parte dei rappresentanti, che poco o nulla hanno a che fare con le istanze e gli interessi del rappresentato. 
Conquistare la guida di un partito, di un sindacato, di un comune, di una regione, di uno Stato intero, così come di un piccolo gruppo, sembra avere a che fare esclusivamente con il consolidamento di basi di potere dalle quali costruire altro potere per se stessi e i pochi accoliti (quasi mai facenti parte della categoria che si è chiamati a rappresentare). Esempi se ne possono trovare tanti, ma adesso mi viene in mente un caso  di qualche anno fa, quando scoppiò lo scandalo del "Fatebenefratelli" di Milano, l'elefantiaca struttura ospedaliera con sedi in tutta Italia, "rappresentata" in nome e per conto dei "fratelli" da Don Luigi Maria Verzè. Personaggio eclettico e dinamico, il Don, che negli anni è riuscito a creare una incredibile rete  di potere criminale attraverso la quale, politici e imprenditori amici, hanno consolidato brillanti carriere e realizzato lauti guadagni, in barba ai fedeli, ai cittadini e ai malati per i quali agivano in nome e per conto. Questo è un caso eclatante, ma ce ne sono di meno noti, ugualmente contrassegnati dalla stessa identica smania di potere e denaro, il binomio che sembra ormai governare la società.   
La domanda a questo punto è: ma i rappresentati sono sempre vittime inconsapevoli dei loro rappresentanti? 
Ovviamente la risposta non può essere sempre la stessa. Ma una certa linea di tendenza ormai sembra essere tracciata. Infatti non sono poi così sicuro che tra i tanti cittadini che protestano a parole contro la "mala politica" non ce ne siano di quegli altri che affollano le segreterie dei politici a cui chiedere privilegi e illegalità. Lo spazio di intersezione tra le due tipologie io credo che sia drammaticamente sempre più ampio ed è in questo spazio che si gioca la partita malata tra il rappresentato e il suo rappresentante.   
Sempre più rari appaiono gli spazi dentro ai quali si ha l'onore di rappresentare e l'orgoglio di essere rappresentati.