domenica 11 agosto 2019

Prima chi?

Non serve combattere Salvini e quelli come lui, personalizzando lo scontro, perché, presto o tardi, anche loro, come gli altri, passeranno. Certo, nel frattempo occorre scongiurare gli effetti nefasti della loro azione sui diritti e sulla stessa democrazia. Più alla lunga, però, occorre una vera e propria azione educativa che aiuti quanti, e non sono pochi, si sono fatti suggestionare dalle idee che lui ostinatamente sventola: il pericolo dell'invasione, la difesa dei confini, i pericoli per la sicurezza, ecc. Basterebbe consultare alcuni dati per confutare facilmente queste paure, ma che, proprio in quanto paure, fanno facilmente presa sul sentire comune. Queste false paure, però, generano pericoli veri che si insinuano nella nostra vita e minano in maniera profonda la stessa convivenza civile. Si tratta di pericoli presenti, ormai, nel quotidiano di tutti: la bandiera dell'egoismo che diventa ideale politico, il sentimento dell'odio che entra a far parte dell'ordinamento giuridico del nostro paese, l'idea che chi si prende cura degli altri debba essere deriso e trattato alla stregua dei criminali.

Lo slogan suggestivo del "prima noi italiani", articolato in tutte le sue varianti, diventa "prima noi lombardi", noi siciliani, noi campani, poi "prima noi milanesi", noi romani, noi palermitani, noi napoletani. Fino a quando, al termine del suo percorso, porta inesorabilmente alla sostituzione del NOI, divenuto via via sempre più ristretto, con l'IO smisurato, ispiratore del "prima io e poi gli altri". E quando tutti questi IO lotteranno tra di loro, per accaparrarsi l'ultimo primo posto rimasto, allora i pochi IO vincitori, saranno felici di avere realizzato l'idea del "prima IO e poi... Ops.. Non c'è più nessuno".

Ora, per un attimo, pensate a cosa sarebbe stato di noi, della nostra storia, della nostra stessa vita, se le nostre madri, i nostri padri, i nostri nonni, avessero fatto loro l'ideale del "prima io e poi gli altri". Cosa sarebbe successo se i tanti giovani che hanno dato la loro vita per liberare l'Italia dalla follia nazifascista o per salvarla dal malaffare, avessero anche loro abbracciato l'idea del "prima io e poi gli altri".

Pensate a come sarebbe la nostra vita di oggi se i contadini, i braccianti, i militanti per la democrazia, i rappresentanti delle forze dell'ordine, i giudici o i semplici cittadini che si sono ribellati alle ingiustizie e al potere mafioso, avessero, anche loro, aderito all'idea del "prima io e poi gli altri".

"Prima io e poi gli altri" è lo slogan che ha accomunato e accomuna tutte le mafie, i totalitarismi, gli esiti nefasti del capitalismo, del consumismo, della competizione.

Avremmo dovuto imparare dalla storia che quelle volte, purtroppo poche, che il NOI è diventato disponibile all'inclusione benevola del VOI, che l'IO si è specchiato nel TU e amorevolmente lo ha accolto, che l'io, il tu, il noi e il voi, camminando insieme, si sono presi cura gli uni degli altri, stringendosi la mano, la storia di tutti, la vita di TUTTI è diventata migliore, più giusta e più bella.


P.S.
Ribadisco, a favore di voi commentatori seriali a corto di argomenti, così potete trovare altri argomenti:

- Non sono del Pd;
- Non gestisco centri di accoglienza;
- Penso che a Bibbiano, leggendo le cronache, nella migliore delle ipotesi, siano stati commessi dei crimini, ma dovrà appurarlo la magistratura;
- Non ho alcuna simpatia per Renzi;
- Quando ho potuto, li ho aiutati a casa loro e li ho anche portati a casa mia.




lunedì 8 luglio 2019

La cura

Ascoltami. Ho da proporti un viaggio. Prima, però, ti chiedo per una volta, solo per una volta, di provare a guardare le cose mettendo da parte i preconcetti. Per qualche minuto fai finta che non esistano le categorie (la destra, la sinistra, i sovranisti, i populisti, i progressisti, la religione, ecc.). Libera la tua mente e prova a spogliarti di ogni appartenenza, in modo da rimanere solo quello che sei: un uomo o una donna.
Hai fatto? Sei pronto? Bene, se ci sei riuscito, adesso dammi la tua mano, chiudi gli occhi, fai un respiro profondo e immagina di volare in alto... 
Eccoci arrivati. Adesso apri gli occhi e guarda. Vedi? Tutti quei puntini che vedi muovere, sono  persone. Certo, lo so, da qui non riesci a distinguere la loro identità, la loro età, il loro sesso, la loro razza. Sono uomini e donne, giovani e anziani e come tante formichine si muovono, respirano, mangiano, si curano, si amano, si odiano. Freneticamente, tutti, cercano il loro posto nel mondo.
Guarda, quella è l'Italia e tutte quelle formichine che vedi disperdersi in mille rivoli, sono i nostri ragazzi (figli, nipoti, fratelli, amici). Pensa, lo scorso anno, sono stati più di 250 mila a trasferirsi all'estero. Li vedi andar via veloci, in tutte le direzioni, senza alcun ostacolo. Vanno dove pensano di trovare il loro posto o solo a vedere il mondo com'è fatto lontano da qui.
Guarda, le vedi quelle altre formichine che da più parti stanno entrando in Italia? Quelli, per lo più sono turisti, altri migranti, come i nostri ragazzi. Molti arrivano negli aeroporti, nelle stazioni ferroviarie, in automobile, a piedi. Altri, i meno numerosi, comprano un biglietto da dei delinquenti per avere un posto su una barca o un gommone per arrivare in Italia. 
Come dici? Perché non prendono un aereo o una nave di linea, come tutti gli altri?
Ottima domanda. Vedi, in certe parti del mondo le persone si muovono con molta facilità: decidono dove andare e vanno, senza che nessuno li ostacoli. In altre parti, invece, le persone non sono così libere, si spostano con molta difficoltà: barriere, guerre, muri, frontiere, eserciti, governi, le ostacolano, impedendogli di andare o di entrare dove desiderano.
Mi chiedi come mai? Essere nati in una parte del mondo oppure in un altra, essere nato in un paese ricco o in un paese povero, questa è la differenza. E anche se molti lo negano, fa differenza anche essere nati con la pelle bianca o con la pelle nera.
Adesso ti chiedo di chiudere gli occhi un'altra volta. Prova a ripercorrere la storia della tua vita e fermati in quei momenti bui, quelli nei quali è stata la mano tesa di un altro essere umano a aiutarti, a salvarti. Stringi la mia mano ancora più forte e pensa a due parole: cura e compassione. Prova a metterle insieme, legale alla tua esperienza di vita e senti le sensazioni che queste parole suscitano dentro di te. 
Adesso riapri gli occhi e guardati intorno, lasciati trasportare dalle vibrazioni che si sono generate nel tuo cuore e scopri la bellezza del "prendersi cura", la pienezza di scoprirsi appartenenti al genere umano. 
Nessuno si salva da solo. Tu mi salvi, mi curi e nello stesso istante io salvo e curo te, e insieme scopriamo la bellezza dell'essere umani.

lunedì 22 aprile 2019

Vocabolario "Amici degli amici" #2





Babbu
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Colui che nello svolgimento della propria attività, con etica e senso del dovere e di giustizia, rifiuta vantaggi personali in nome dell'interesse collettivo. 

Esempi: 
  • Pubblico funzionario o amministratore, (babbu) che nella redazione di un Piano Regolatore rifiuta soldi, benefici e vantaggi personali e non aderisce alle lusinghe dei notabili interessati alla speculazione, operando scelte dettate esclusivamente dell'interesse collettivo; 
  • Studentessa (babba) che rifiuta le avance del professore per ottenere un posto di dottorato all'università;
  • Giovane (babbu) che rifiuta di seguire il carrozzone del politico di turno che gli ha promesso un posto da precario o un posto nell'azienda dell'amico a 400 euro al mese e che, piuttosto, preferisce emigrare facendo affidamento sulle proprie capacità e sull'accoglienza di un paese straniero, ma amico.
  • Aggiungere altri esempi di babbi a piacere.
Sinonimi
Stupido, ingrato, poco intelligente.

Contrari
“Amico degli amici", “Uno dei nostri”

domenica 20 gennaio 2019

Silenzio!

Shhh! Silenzio! Zitti, muti, non parlate!
Se davanti alla morte non siete capaci di usare parole di umana pietà, adesso, per favore, tacete!
Se il vostro squallido opportunismo ve lo impedisce, fatelo per i vostri figli, affinché non possano mai chiedervi conto del vostro disinteresse, del perché avete ignorato quegli essere umani da vivi, mentre adesso, da morti, usate i loro corpi sepolti in fondo al mare, per i vostri insulsi discorsi.
Non avete chiuso i porti, ma le vostre menti, i vostri sentimenti, i vostri occhi, le vostre orecchie, i vostri cuori!

domenica 13 gennaio 2019

Porti chiusi


"Porti chiusi". Ho voluto chiamare così questo nuovo progetto. 
"Porti chiusi", nella lingua italiana, specie in questi giorni, ha assunto un significato sinistro, che va al di là del significato letterale delle parole. 

Per alcuni "Porti chiusi" è diventato sinonimo di fermezza, tutela dei confini, difesa dall'invasione. Per altri è sinonimo di egoismo, prepotenza, disumanità, sciacallaggio mediatico.

"Porti chiusi" in siciliano vuol dire "Porte chiuse", come quelle che sono diventate simbolo dell'abbandono dei paesi, dei villaggi, dei borghi, specie delle aree interne dei Nebrodi, della Sicilia, delle aree rurali in genere. Paesi che si svuotano, porte mai più aperte, porte aperte di rado. Porte povere, porte ricche, porte contadine, comunque chiuse. 

Porte chiuse che celano, nascondono, portano all'oblio le vite, le storie di chi ha abitato in quelle case, di chi è partito senza più tornare, di chi spera un giorno di tornare.
 
Porte chiuse che gridano al mondo il distacco, l'abbandono, la dimenticanza. Paesi e borghi che perdono la loro storia, il paesaggio umano e culturale che li ha abitati. 
Porte chiuse, architetture semplici o complesse, comunque belle, inserite in modo armonico nel contesto dell'abitazione.
Porte in legno, qualcuna in ferro, solo di recente in freddo alluminio. Porte con lo spioncino, con lo sportellino, con il "ferro" per la chiusura interna. Porte chiuse con lucchetti moderni che testimoniano che qualcuno ci entra ancora, altre chiuse con fili di ferro dove non entra più nessuno.
Porte chiuse, ma un tempo sempre aperte, mai chiuse, mai blindate, pensate per accogliere. La porta di casa nella tradizione contadina era sempre aperta. 

Porti chiusi, come metafora della chiusura agli altri, alla mancata accoglienza, ai porti aperti ai mari. I porti, se sono chiusi, non sono porti, ma recinti, bacini, paludi.

Porte chiuse come segno del lavoro che non c’è. Porte in legno, balconi in ferro, muri in pietra, testimoni del lavoro che poteva esserci (artigiani del legno, del ferro, della pietra) se solo si fosse investito nel recupero dei centri storici e non nel loro abbandono e smantellamento.

Porte chiuse in contrasto con i paesi paralleli "moderni", anch’essi a rischio chiusura, sorti dentro ai centri storici o a fianco dei borghi montani. Simbolo del rifiuto di ciò che eravamo e ostentazione di ciò che volevamo essere.

Porte chiuse nelle campagne, simbolo dell’abbandono della terra, divenuta solo pretesto per ottenere contributi e prebende per arricchimenti facili, senza lavoro, senza fatica, senza prodotti. Ecco che la terra diventa contesa, prepotenza, sopraffazione. La terra è mia anche quando non devo lavorarla. L’importante è un foglio di carta dove posso scrivere che è mia, anche se non è mia e non devo lavorarla. 

Con questi significati, con queste tracce, lavoro a questo nuovo progetto fotografico e non solo. Ci vorrà del tempo, ma non ho fretta. Intanto, in questo album qualche anteprima.