domenica 13 gennaio 2019

Porti chiusi


"Porti chiusi". Ho voluto chiamare così questo nuovo progetto. 
"Porti chiusi", nella lingua italiana, specie in questi giorni, ha assunto un significato sinistro, che va al di là del significato letterale delle parole. 

Per alcuni "Porti chiusi" è diventato sinonimo di fermezza, tutela dei confini, difesa dall'invasione. Per altri è sinonimo di egoismo, prepotenza, disumanità, sciacallaggio mediatico.

"Porti chiusi" in siciliano vuol dire "Porte chiuse", come quelle che sono diventate simbolo dell'abbandono dei paesi, dei villaggi, dei borghi, specie delle aree interne dei Nebrodi, della Sicilia, delle aree rurali in genere. Paesi che si svuotano, porte mai più aperte, porte aperte di rado. Porte povere, porte ricche, porte contadine, comunque chiuse. 

Porte chiuse che celano, nascondono, portano all'oblio le vite, le storie di chi ha abitato in quelle case, di chi è partito senza più tornare, di chi spera un giorno di tornare.
 
Porte chiuse che gridano al mondo il distacco, l'abbandono, la dimenticanza. Paesi e borghi che perdono la loro storia, il paesaggio umano e culturale che li ha abitati. 
Porte chiuse, architetture semplici o complesse, comunque belle, inserite in modo armonico nel contesto dell'abitazione.
Porte in legno, qualcuna in ferro, solo di recente in freddo alluminio. Porte con lo spioncino, con lo sportellino, con il "ferro" per la chiusura interna. Porte chiuse con lucchetti moderni che testimoniano che qualcuno ci entra ancora, altre chiuse con fili di ferro dove non entra più nessuno.
Porte chiuse, ma un tempo sempre aperte, mai chiuse, mai blindate, pensate per accogliere. La porta di casa nella tradizione contadina era sempre aperta. 

Porti chiusi, come metafora della chiusura agli altri, alla mancata accoglienza, ai porti aperti ai mari. I porti, se sono chiusi, non sono porti, ma recinti, bacini, paludi.

Porte chiuse come segno del lavoro che non c’è. Porte in legno, balconi in ferro, muri in pietra, testimoni del lavoro che poteva esserci (artigiani del legno, del ferro, della pietra) se solo si fosse investito nel recupero dei centri storici e non nel loro abbandono e smantellamento.

Porte chiuse in contrasto con i paesi paralleli "moderni", anch’essi a rischio chiusura, sorti dentro ai centri storici o a fianco dei borghi montani. Simbolo del rifiuto di ciò che eravamo e ostentazione di ciò che volevamo essere.

Porte chiuse nelle campagne, simbolo dell’abbandono della terra, divenuta solo pretesto per ottenere contributi e prebende per arricchimenti facili, senza lavoro, senza fatica, senza prodotti. Ecco che la terra diventa contesa, prepotenza, sopraffazione. La terra è mia anche quando non devo lavorarla. L’importante è un foglio di carta dove posso scrivere che è mia, anche se non è mia e non devo lavorarla. 

Con questi significati, con queste tracce, lavoro a questo nuovo progetto fotografico e non solo. Ci vorrà del tempo, ma non ho fretta. Intanto, in questo album qualche anteprima.

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